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Le foreste difese dai popoli indigeni sequestrano il doppio di CO2 delle altre

Le foreste difese dai popoli indigeni sequestrano il doppio di CO2 delle altre

Per il loro ruolo, gli indigeni sono attori essenziali per il rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima, ma continuano a essere ignorati

Le foreste abitate dai popoli indigeni assorbono il doppio dell’anidride carbonica intrappolata dal resto delle aree forestali. Lo dice uno studio condotto da due organizzazioni non profit di ricerca in quattro Stati centro e sudamericani dove questi popoli autoctoni sono in prima linea nella difesa degli ecosistemi. Un dato significativo, che mette ancora più in luce il ruolo svolto dagli indigeni nel contrasto al riscaldamento globale. Tanto che se in futuro non saranno coinvolti nelle trattative per combattere la crisi climatica, sarà impossibile rispettare gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi nel 2015.

Le foreste difese dai popoli indigeni sequestrano il doppio di CO2 delle altre

Le foreste difese dagli indigeni sequestrano il doppio della Co2

Tutte le foreste del mondo sono importanti per la mitigazione del riscaldamento globale. Come delle "spugne", assorbono dall’atmosfera la Co2, uno dei principali gas climalteranti prodotti dalle attività dell’uomo. Se distrutte possono invece diventare fonti di Co2. Tuttavia, non tutte le foreste sono spugne efficaci allo stesso livello. I ricercatori di World Resources Institute (Wri) e Climate Focus hanno scoperto ad esempio che quelle difese dagli indigeni in Brasile, Colombia, Messico e Perù intrappolano oltre il doppio di Co2 in più rispetto a quelle gestite da singoli Stati o realtà private.

L’analisi si è basata sui dati del periodo 2000-2020 forniti da Global Forest Watch, un sito che monitora le foreste, e di Landmark, organizzazione che mappa le terre degli indigeni. Il Paese con la differenza più sostanziosa è il Brasile. Qui addirittura le terre non sorvegliate dagli indigeni sono in attivo ed emettono circa 10 tonnellate di Co2 equivalente per ettaro. Le foreste indigene, al contrario, sequestrano circa 30 tonnellate per ettaro. Per compensare l’ipotetica perdita di queste ultime, il Brasile dovrebbe eliminare l’80 per cento dei suoi veicoli a motore.

Coinvolgere gli indigeni

Alla luce dei numeri (e non sono tutti), sembrerebbe scontato vedere coinvolti i protettori di queste foreste nell’elaborazione dei programmi e degli accordi sul clima. E invece, fino a oggi, così non è stato. Anzi, il diritto degli indigeni ad abitare le loro terre in pace continua a essere calpestato dai governi di Brasile, Colombia, Messico e Perù. Se questa tendenza non verrà invertita, sarà tutto il mondo a pagarne le conseguenze. Lo studio di Wri e Climate Focus afferma che senza la tutela dei popoli indigeni, sarà impossibile rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi: tagliare le emissioni e limitare entro la fine del secolo l’aumento della temperatura media ben al di sotto dei 2° C e continuare gli sforzi per contenerla sotto gli 1,5° C.

Il mancato riconoscimento delle terre degli indigeni o le autorizzazioni alle attività estrattive e alla deforestazione in queste zone senza il consenso dei popoli che le abitano, sono solo un parte del problema. La negazione dei diritti legittima anche la violenza di chi quei territori li vuole sfruttare. Secondo l’ong per la tutela dei diritti umani Global Witness, nel 2020 sono stati uccisi 65 attivisti per l’ambiente in Colombia, 30 in Messico, 20 in Brasile e sei in Perù. La maggior parte degli omicidi è rimasta impunita.

Il futuro degli indigeni

Non ci sono altri strumenti per difendere i diritti dei popoli indigeni se non quella della pressione politica della comunità internazionale sui governi locali. I Paesi benestanti come l’Italia dovrebbero inoltre assicurarsi che fondi e finanziamenti per la protezione delle foreste arrivino ai popoli indigeni e alle comunità locali, hanno spiegato Juan-Carlos Altamirano e Darragh Conway, due autori dello studio, in quanto questi custodi degli alberi sanno cosa significa vivere in armonia con la natura.

E rimane fondamentale aumentare il loro coinvolgimento nello studio delle politiche per il clima ad ogni livello. Solo così ci sarà una maggiore possibilità di vedere condiviso e diffuso il prezioso patrimonio di conoscenze a tutte le altre comunità del pianeta impegnate nella gestione delle foreste e del territorio.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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