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Combustibili fossili, al settore 11 milioni di dollari in sussidi ogni minuto

Combustibili fossili, al settore 11 milioni di dollari in sussidi ogni minuto

Nel 2020 sono stati erogati 5,9 trilioni di dollari in sovvenzioni statali. Senza il loro taglio il contrasto alla crisi climatica sarà più difficile

L’industria dei combustibili fossili continua a beneficiare di numerosi sussidi statali. Una recente analisi del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha scoperto che il settore riceve addirittura 11 milioni di dollari ogni singolo minuto. Nel complesso la produzione e la combustione di carbone, petrolio e gas naturale è stata sostenuta economicamente con 5,9 trilioni di dollari nel 2020. Cifre vertiginose secondo gli esperti, i quali affermano che i sussidi stanno letteralmente “aggiungendo benzina sul fuoco” della crisi climatica. Per contenere l’innalzamento della temperatura atmosferica e le sue conseguenze, i governi dovrebbero tagliarli drasticamente per limitare le emissioni di CO2.

Secondo un report del Fondo Monetario Internazionale ogni minuto vengono erogati 11 milioni di dollari di sussidi statali al settore dei combustibili fossili

Promesse non mantenute

Le maggiori economie del mondo si erano già dette d’accordo su una riduzione del sostegno economico all’industria dei combustibili fossili. Nel 2009 i Paesi del G20 stabilirono di eliminare tutti i sussidi “inefficienti” al settore e, nel 2016, quelli del G7 fissarono il 2025 come ultimo anno utile per farlo. Tuttavia, da allora sono stati fatti pochi progressi. Un report del luglio 2021 ha rivelato che i Paesi del G20 hanno continuato a sostenere con trilioni di dollari l’industria del fossile dal 2015, anno in cui è stato firmato l’Accordo di Parigi sul clima.

Il prezzo giusto

Esiste una profonda discrepanza tra i prezzi pagati per i combustibili fossili, contenuti grazie ai sussidi, e quelli che dovrebbero avere se venissero tenuti in considerazione i costi reali per la loro produzione. L’analisi del FMI ha rilevato che nel 2020 i prezzi erano inferiori di almeno il 50 percento rispetto ai loro costi effettivi per il 99 percento del carbone, per il 52 percento del combustibile diesel e per il 47 percento del gas naturale prodotti. Appena cinque Paesi – Cina, Stati Uniti, Russia, India e Giappone – erogano i due terzi di tutti i sussidi globali. Senza un deciso cambio di rotta, queste sovvenzioni saliranno a 6,4 trilioni di dollari nel 2025.

Ma se fossero stabiliti prezzi che riflettono i costi reali, secondo gli esperti del Fmi sarebbe possibile tagliare le emissioni mondiali di anidride carbonica di oltre un terzo. Si tratterebbe di un aiuto importante sulla strada per limitare l’innalzamento della temperatura dell’atmosfera di 1,5°, obiettivo stabilito proprio dall’Accordo di Parigi e che sarà rilanciato in occasione della Cop26, l’atteso summit sul clima dell’Onu in programma a novembre a Glasgow (Scozia) di cui si sono tenute le fasi preparatorie a Milano tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre.

La paura di tagliare i sussidi

Perché i governi sono così restii a tagliare i sussidi all’industria dei combustibili fossili? “Molti paesi sono riluttanti ad alzare i prezzi dell’energia perché pensano che questo danneggerà la popolazione più povera”, ha spiegato al The Guardian Ian Parry, autore principale del report del Fmi. “Ma tenere bassi i prezzi dei combustibili fossili è un modo inefficiente per aiutare la popolazione povera, perché la maggior parte dei benefici saranno raccolti dalle famiglie più benestanti. Sarebbe meglio indirizzare direttamente risorse verso i più poveri e vulnerabili”.

I soldi che finiscono attualmente nei sussidi dovrebbero essere reinvestiti nella società, in particolare verso questa sua parte vulnerabile: i consumatori più esposti all’innalzamento dei prezzi e i lavoratori del fossile che perderanno il posto a causa della transizione energetica. Gli esperti sostengono che stabilire dei prezzi corretti aiuterebbe a tagliare le emissioni incoraggiando i produttori di elettricità a passare dai combustibili fossili alle rinnovabili e rendendo più economiche le auto elettriche. Per calmare i timori di molti Paesi, preoccupati di perdere competitività a causa dell’ incremento dei prezzi, sarà necessario un grande lavoro di cooperazione internazionale.

Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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