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Cocaina e deforestazione: le foreste del Centro America nel mirino

Cocaina e deforestazione: le foreste del Centro America nel mirino

L’agricoltura diventa la copertura perfetta per riciclare il denaro e a pagarne le spese è l’ambiente, con perdite di foresta pluviale che vanno dal 15% al 30% l’anno.

Il Sud America è il punto di partenza per il traffico di cocaina in tutto il mondo. Da qui i narcotrafficanti producono e commerciano questa sostanza passando per il Centro America e andando ad intaccare anche l’ecosistema. Come? Disboscando.

Ripulire i guadagni illeciti nell’agricoltura

Secondo uno studio pubblicato su IOP Science, la causa della deforestazione di alcune zone della foresta pluviale è collegata ai traffici illeciti dei narcotrafficanti: il denaro guadagnato viene ripulito investendolo in piantagioni, allevamenti o residence. Una cosa simile accade anche in Sud America, dove la foresta amazzonica viene distrutta per lasciare spazio alle coltivazioni di coca.

Il fenomeno sembrerebbe essere cominciato nei primi anni duemila, dopo che le nazioni interessate come Messico e Caraibi, con gli USA in testa, hanno attuato una politica molto più repressiva nei confronti delle rotte di spaccio dei narcotrafficanti. Si stima che l’86% della cocaina parta dal Sud America, viaggiando verso nord, e che valga 6 miliardi di dollari l’anno. Questa presa di posizione ha comportato un cambio di strategia: preferire il trasporto terrestre a quello aereo o marittimo.

In questo modo, secondo il team di ricercatori guidato da Kendra McSweeney dell’Università dell’Ohio, i Paesi più colpiti sono diventati Nicaragua, Honduras e Guatemala: il narcotraffico in queste zone causerebbe la deforestazione della foresta pluviale dal 15% al 30% all’anno. Non vengono risparmiate nemmeno le zone protette come il Patuca National Park Rio o la Riserva della biosfera del Río Plátano in Honduras, patrimonio dell’UNESCO dal 1982. In questo caso si parla di stime che vanno dal 30% al 60%, calcolandole sui dati presi dal World Database on Protected Areas.

Coniugare indagini e geografia

Le conclusioni a cui sono giunti questi ricercatori partono dall’incrocio dei dati sul traffico di droga del Office of National Drug Control Policy (ONDCP) dal 2000 al 2014 e i dati geografici del Department of Geographical Sciences Global Forest Change dell’Università del Maryland. Confrontando i dati sia temporali che spaziali, hanno notato che all’aumento del traffico di cocaina nell’area corrispondeva anche un aumento della deforestazione. Grandi aree, difficilmente ricollegabili ad un singolo agricoltore, lasciavano spazio a ranch, allevamenti oppure piantagioni. Tra i 15 parametri di misurazione, infatti, vi erano anche quelli di dimensione dell’aree e la velocità con cui venivano disboscate. Inoltre, le zone più colpite risultano essere quelle più impervie e poco popolate.

Alcuni dati mancanti

I risultati della ricerca, come affermato dal gruppo di ricercatori, possono essere solo delle stime. I dati sui quantitativi di cocaina trafficati e il loro valore non possono essere verificati con precisione. Va ricordato che si tratta di confrontare dati riguardanti un traffico illecito, ovviamente non registrati. Oltre a questo aspetto, hanno riscontrato non poche difficoltà per ottenere documenti catastali o di trasferimento di proprietà per analizzare quante nuove realtà agricole siano nate nella zona in quel lasso di tempo. Non sono mancate le repliche, come riportato sull’articolo di Emiliano Rodríguez Mega su Science Advance: il direttore del Honduran Institute of Forests Conservation, Marco Espinoza, nega che siano state registrate delle perdite di foreste nella loro area protetta.


Carlotta Pervilli
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Laureata in Storia, ma appassionata di giornalismo. Disorientata tra conflitti mondiali e ambiente, resta certa solo di una cosa: l’essere curiosa.
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