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Barriere coralline: ci sono speranze per il futuro

Barriere coralline: ci sono speranze per il futuro

Le barriere coralline sono fra gli ecosistemi più fragili del pianeta. Salvarle è una sfida, ma grazie a vari progetti e alla scienza, sembra possibile.

Negli scorsi vent’anni il 50% delle barriere coralline è andato perduto e ora rischiano l’estinzione. Il surriscaldamento globale le sta distruggendo e questo altererebbe molti equilibri. Diversi progetti cercano di invertire questa tendenza. Da Honduras e Australia arrivano programmi basati su resilienza e partecipazione locale. Nei laboratori, invece si fa strada l’idea dell’innesto di coralli da laboratorio.

Barriere coralline

Il progetto in Honduras:

In Honduras la Coral Reef Alliance ha trasformato la salvezza delle barriere coralline in una questione sociale. I coralli sono fondamentali per molti pesci che costituiscono il sostentamento delle popolazioni. La pesca eccessiva, però, danneggia l’ecosistema decimando, per esempio, i pesci pappagallo che limitano le alghe responsabili dello sbiancamento dei coralli. L’idea è che i locali comprendano tale dinamica. L’organizzazione favorisce una diversificazione dell’economia, così che la pesca possa essere accantonata per brevi periodi, come è successo in primavera. Madhavi Colton, a capo dell’organizzazione, ha affermato che incentivando la resilienza nella comunità umana, la si incoraggia anche nelle barriere coralline. È poi la popolazione stessa ad apprezzare l’efficacia delle proprie azioni e a ripeterle.

Australia e partecipazione:

Dall’Australia arriva l’idea di affidare le barriere coralline al turismo. Questo settore deve alla Grande Barriera Corallina il 90% delle entrate. David Suggett e il suo team, della University of Technology di Sydney, mirano a un’economia resiliente e sostenibile. L’idea è dotare i tour operator di strumenti e conoscenze perché possano trapiantare i coralli sani in siti danneggiati della barriera o su strutture artificiali. Il team ha progettato una clip che permetta di farlo in pochi secondi. In due mesi il corallo cresce in autonomia. I costi sono alti ma il programma ha dato linfa al turismo durante lo stop da pandemia e risulta efficace.

I coralli da laboratorio:

Un altro importante contributo al recupero delle barriere coralline viene dalla coltura e dal trapianto di coralli. In alcune zone della Terra, come nel Mar Rosso, si sono sviluppati coralli resistenti al calore. Per Karine Kleinhaus della Stony Brook University, tali coralli sono in grado di sopportare temperature di 7 gradi maggiori. Secondo lei potrebbe essere l’unica specie sopravvissuta alla fine del secolo. Il fatto che i coralli siano in grado di trasmettere la propria capacità adattiva alla prole, dà speranza. L’idea è di coltivarli in laboratorio grazie alla tecnologia Crispr, o, comunque di accelerare i processi naturali trapiantandoli.

Le barriere coralline ci appaiono come realtà distanti e scontate. Ci suscitano meraviglia, ma raramente riflettiamo su di esse. Rischiamo di accorgerci della perdita quando sarà troppo tardi. Gli esperti si muovono nella giusta direzione ma il surriscaldamento globale deve essere tenuto sotto controllo. Le variabili in gioco sono molte.


REDAZIONE
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Raccontare e spiegare cibo, sostenibilità, natura e salute. Un obiettivo più facile a dirsi che a farsi, ma nella redazione di inNaturale non sono queste le sfide che scoraggiano. Siamo un gruppo di giovani affiatati in cerca del servizio perfetto, pronti a raccontarvi le ultime novità e le storie più particolari.

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