3 modi in cui le città possono sfamare il mondo a impatto zero

La produzione alimentare è responsabile del 25% delle emissioni di CO2 del mondo e le pratiche agricole industriali provocano deforestazione e gravi danni alle popolazioni di insetti impollinatori, in una spirale che comporterà un peggioramento continuo della situazione ambientale.
La sfida per il futuro è quella di produrre di più - per sopperire all’aumento demografico - sfruttando meno risorse. La chiave potrebbero essere proprio le città che, in futuro, saranno in grado di sfamare il mondo a impatto zero, seguendo alcune semplici regole.
1. Riciclare gli scarti di cibo
Gli scarti alimentari organici delle città sono una risorsa preziosa, non un rifiuto. Questi possono essere riutilizzati sia come fertilizzanti agricoli che come fonte per la produzione di biogas, impiegabile, a sua volta, per la produzione di energia.
Ad oggi il riciclo degli scarti alimentari riguarda solo per una piccola parte della massa complessiva prodotta e non tutte le nazioni mettono in atto politiche virtuose. I margini di miglioramento sono ampi.
2. Fattorie urbane
Una risorsa che in futuro sarà sempre più preziosa è lo spazio. Quello da concedere alla natura e quello necessario all’uomo e alle sue produzioni. Per questa ragione una pratica che dovrebbe svilupparsi e diffondersi è quella delle fattorie urbane.
Coltivare in città comporta enormi vantaggi in termini di ottimizzazione dello spazio e, con un sistema opportunamente organizzato, di ridurre drasticamente anche i costi di trasporto, dal momento che la produzione delle fattorie urbane potrebbe sopperire a una parte della domanda interna della città.
3. Cambiare la propria dieta
Al di là delle convinzioni etiche, risulta ormai comprovato, che una dieta carnivora risulti meno sostenibile rispetto a una a base vegetale. Quest’ultima garantisce la possibilità di sfamare un numero superiore di soggetti in modo più efficiente.
Un cambio di abitudini che richiederebbe la rinuncia almeno di parte della carne che normalmente viene consumata, optando per alternative vegetali più sostenibili.
