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Blu a tavola: tutta una questione di chimica

Blu a tavola: tutta una questione di chimica

Nell’ormai lontano 1975, durante la globalmente nota trasmissione Saturday Night Live, un comico di nome George Carlin se ne uscì con una frase che avrebbe stuzzicato la curiosità del pubblico e di qualche ricercatore per gli anni a venire:

«Why is there no blue food? I can't find blue food — I can't find the flavor of blue! I mean, green is lime; yellow is lemon; orange is orange; red is cherry; what's blue? There's no blue! "Oh," they say, "blueberries!" Uh-uh; blue on the vine, purple on the plate. There's no blue food! Where is the blue food? We want the blue food! Probably bestows immortality! They're keeping it from us!»

Perché esistono così pochi cibi blu? Se ci pensiamo, la base della nostra dieta è costituita principalmente da carboidrati, cereali in buona parte, dal colore biancastro. Latticini e la maggior parte dei pesci tendono allo stesso colore, i prodotti a base di carne virano ovviamente sul rosso, tra i vegetali troviamo gli altri vividi colori come il giallo, l’arancione o il verde, ma del blu pochissime tracce.

Contrasto tra colori

Tranne naturalmente i mirtilli, e tanto vale cominciare proprio da loro, non trovate? Se è vero che una volta spremuti il colore vira verso il viola, è altrettanto vero che la loro buccia è incontrovertibilmente blu, ed è blu soprattutto per quegli animali che devono notare i frutti immersi nel fogliame. Ed è proprio su questa linea che Cecil Adams, autore de ‘The Straight Dope’, una rubrica online che compare settimanalmente su diversi quotidiani negli Stati Uniti, argomenta la sua tesi: “Blue foods are rare because leaves are green.

Se infatti molti commentatori si sono sbilanciati dicendo che semplicemente il colore blu è poco appetitoso, lasciando di fatto la risposta a metà, Adams è andato deciso verso il cuore del problema. I cibi blu sono rari perché le foglie sono verdi.

Abbiamo già parlato del motivo per cui le foglie sono verdi in un altro nostro articolo, sappiamo che è tutta una questione di chimica, ed è proprio nella combinazione di chimica e selezione naturale che si nasconde la risposta a questo quesito. Generalmente parlando ci sono due classi di molecole che inducono il colorito acceso nei vegetali commestibili: i carotenoidi, che danno il giallo, l’arancione e il rosso, e le antocianine, per il rosso ancora, il viola e il blu, per intenderci parliamo di tutto ciò che va dalle melanzane all’uva.

Il rosso rimane in comune con i due composti perché è nettamente in contrasto con il verde, colore di default per le piante, sul quale il frutto deve il più possibile spiccare. La percezione del colore nei primati e negli uccelli si pensa funzioni con un processo per opposti, verde e rosso sono infatti colori antagonisti, impossibile da mischiare, tanto da renderci quasi impossibile pensare ad un “rosso verdeggiante”, decretandolo migliore scelta cromatica per una pianta che vuole attirare l’attenzione.

Come farsi vedere

Certo questa “scelta” può variare in base alle circostanza, se è vero che nei climi tropicali il giallo e il rosso hanno la meglio, in quelli più temperati potrebbe esserci margine per il blu di apparire nella tavolozza dei frutti, spesso però accompagnato dal rosso a formare sfumature violacee di intensità variabile. I casi in cui i carotenoidi vengono totalmente soppressi infatti sono molto rari, e corrispondono tendenzialmente a contesti in cui la pianta cresce in un ambiente molto poco acido, tanto da favorire la proliferazione delle antocianine sui carotenoidi.

Detto questo però, in natura esistono diversi frutti innegabilmente blu, come ci ricorda Cecil Adams, vi basterà una rapida caccia al blue quandong su Google, o la Decaisnea, conosciuta anche con il macabro nome ‘dead man's fingers’. Non vi viene voglia di assaggiarla?

Fonti: - npr.org


Matteo Buonanno Seves
Matteo Buonanno Seves
Scopri di più
Un giovane laureato in Scienze Gastronomiche con la passione per il giornalismo e il mai noioso mondo del cibo, perennemente impegnato nel tentativo di schivare le solite ricette e recensioni in favore di qualcosa di più originale.
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