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Le rane di Chernobyl ora sono nere: la risposta della natura alle radiazioni

Le rane di Chernobyl ora sono nere: la risposta della natura alle radiazioni

A Chernobyl le rane nere, più resistenti alle radiazioni, hanno sostituito quelle gialle, una grande prova di adattamento della natura

Uno studio pubblicato in Evolutionary Applications ha rivelato una sorprendente notizia su Chernobyl: le rane della zona, un tempo gialle, oggi sono nere. A determinare questo cambio di colore è stata la necessità di adattamento alle radiazioni, in un meccanismo di selezione naturale rapida. La natura si mostra, ancora una volta, piena di risorse e gli scienziati stanno indagando sul processo.

rane Chernobyl nere
Foto: Pavellllllll @Pixabay

Lo studio su Chernobyl

Negli ultimi anni Chernobyl è diventata per gli scienziati una zona di grande interesse. Il 26 aprile 1986 l’esplosione del reattore 4 della Centrale ha liberato 100 volte più energia di quanto avessero fatto le bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Intorno a Chernobyl è stata allora creata una zona di esclusione dell’estensione di 2.700 km2. Da allora la natura, per quanto danneggiata dalle radiazioni, ha avuto la possibilità di riconquistare il proprio habitat e, senza l’interferenza dell’uomo, ha fatto rapidi progressi e gli scienziati si impegnano a documentare il fenomeno. Alcuni ricercatori dell’Università di Uppsala si sono, allora, di recente concentrati sugli anfibi, particolarmente vulnerabili perché poco mobili ed esposti sia alla contaminazione del suolo sia a quella delle acque.

Le rane di Chernobyl sono nere

Lo studio ha mostrato risultati interessanti. I ricercatori hanno raccolto, tra il 2017 e il 2019, 189 esemplari maschi di raganelle orientali, da 12 aree di riproduzione con livelli di radiazioni variabili, all’interno della zona rossa o immediatamente al di fuori. Il 44% delle rane erano nere o più scure di quelle all’esterno di Chernobyl. Ciò è dovuta alla maggior capacità di adattamento alle radiazioni garantita dalla melanina. Il pigmento, prodotto nelle raganelle senza il consumo massiccio di antiossidanti, si è dimostrato in grado di proteggere le cellule dai danni delle radiazioni. Sarebbe, poi, un valido scudo contro le molecole ionizzate. Le rane più scure, sopravvissute meglio all’esplosione, avrebbero, dunque, preso, in circa 10 generazioni, il sopravvento, sostituendo rapidamente quelle di colore giallo.

Adattamento ed evoluzione

Il fatto che molte delle rane oggi presenti a Chernobyl siano nere trasmette un messaggio importante. Ciò dimostra, ancora una volta, che le sostanze inquinanti sono in grado di innescare processi evolutivi, e le radiazioni non fanno eccezione. In circostanze simili dinamiche di selezione naturale che richiederebbero molto più tempo, si affermano in intervalli relativamente brevi. Studiare questo ambiente ha, dunque, permesso agli scienziati di cambiare in modo significativo la propria prospettiva. La zona di Chernobyl è, così, diventata, tanto un santuario per la biodiversità, che ha potuto colonizzare incontrastata l’area, quanto un laboratorio di ricerca a cielo aperto in grado di offrire moltissimo materiale.

Lo studio che ha mostrato che le rane di Chernobyl sono nere grazie alla capacità di adattamento della natura, apre interessanti prospettive. Oggi nella zona prosperano persino diverse specie in via di estinzione. Gli esperti sentenziano, dunque, che la presenza dell’uomo sa fare molti più danni delle radiazioni e guardando a ciò che accade intorno alla Centrale negarlo appare impossibile.


Alice Facchini
Alice Facchini
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Laureata in Filosofia, credo fermamente che ogni sfaccettatura del sapere umano meriti di essere inseguita. Amo la lettura, gli animali e la natura e penso che solo continuando a farsi domande sia possibile mantenere uno sguardo vigile sul mondo.
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Laureata in Filosofia, credo fermamente che ogni sfaccettatura del sapere umano meriti di essere inseguita. Amo la lettura, gli animali e la natura e penso che solo continuando a farsi domande sia possibile mantenere uno sguardo vigile sul mondo.
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