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La pizza napoletana non è cancerogena: cosa dicono le ultime ricerche

La pizza napoletana non è cancerogena: cosa dicono le ultime ricerche

Secondo dei gruppi dell'Università di Napoli e della Tuscia la pizza non è cancerogena nella parte che risulta più cotta

La pizza napoletana non è cancerogena. La voce, stavolta, non arriva dai vicoli di Napoli, e dai suoi pizzaioli preoccupati. Ma da Firenze, dove, all’Accademia dei Georgofili, è stato riportato il risultato di una ricerca universitaria. Questa sottolinea come la cosiddetta parte bruciacchiata “sia sicura”.

pizza non cancerogena
foto: MatteoPhoto2020@pixabay

Perché la pizza napoletana è sicura

La notizia che la pizza napoletana non è cancerogena viene dal convegno "Pizza napoletana tra tradizione e innovazione” organizzato a Firenze.

“La pizza napoletana - ha affermato Mauro Moresi dell'Accademia dei Georgofili - è sicura, non porta problemi nella parte che definiamo più bruciacchiata". “Questo perché - hanno spiegato i gruppi di ricerca dell'Università Federico II di Napoli e della Tuscia - la quantità di acrilammide nel prodotto e nel bordo, ovvero le parti più esposte a temperature elevate, è minima, poiché il tempo di cottura nel forno a legna è molto basso, in genere sui 90 secondi. Quindi si può affermare con certezza che la pizza napoletana è sicura".

"Abbiamo fatto questi studi insieme ad altri colleghi ma poi sulla manualità e sulla riproducibilità dei campioni abbiamo avuto la collaborazione di Enzo Coccia, uno dei più famosi pizzaioli italiani, che è venuto per diverse settimane a preparare i campioni - ha precisato, invece, Paolo Masi, professore dell'Università di Napoli Federico II - Gli studi dimostrano che la superficie della pizza che si brucia è inferiore al 3% sulla quantità di peso e non per unità di superficie. Quindi possiamo mangiare tranquillamente la pizza".

Che cos’è l’acrilammide

L’acrilammide è una sostanza potenzialmente nociva. Si può trovare nei prodotti alimentari amidacei (come pane, pizza, patate, ecc) sottoposti a cotture ad alte temperature (frittura, forno, griglia, ed anche lavorazioni industriali a più di 120° con basso tasso di umidità).

Il processo chimico che fa sviluppare la sostanza si chiama “reazione di Maillard”. Ed è la responsabile del cosiddetto effetto “abbrustolito”. Nel 2015, sul tema, è arrivato il parere dell’Efsa. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare, dopo le sue ricerche, ha dichiarato che la sostanza potenzialmente aumenta il rischio di sviluppare il cancro nei consumatori di tutte le fasce d’età.

Un rischio che però non sembra quantificabile per una serie di ragioni: “Finora gli studi condotti su esseri umani hanno fornito prove limitate e discordanti dell’aumento del rischio di sviluppare tumori. Tuttavia, gli studi sugli animali da laboratorio hanno dimostrato che l’esposizione all’acrilammide attraverso la dieta aumenta enormemente la probabilità di sviluppare mutazioni geniche e tumori in vari organi”.

L’inchiesta di Report

Il tema della pizza napoletana cancerogena non è nuovo. Nel 2014 un’inchiesta molto criticata di andata in onda su Report, intitolata "Non bruciamoci la pizza", aveva scatenato un dibattito sulla salubrità del classico napoletano.

Nell’introduzione all’inchiesta si leggeva: “La pizza fatta con ingredienti giusti fa bene. Invece da Napoli a Roma, Milano, Venezia, Firenze, spesso non è digeribile. Talvolta, può contenere elementi cancerogeni".

"I pizzaioli - continua la nota - hanno l’abitudine di non pulire il forno, tra fumi e farina carbonizzata la pizza può rappresentare un rischio per la salute. Abbiamo fatto analizzare le pizze in un laboratorio specializzato sugli idrocarburi negli alimenti e i risultati verranno diffusi nel corso della trasmissione”.


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