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India, dalle foreste sacre un’idea per ripristinare quelle in pericolo

India, dalle foreste sacre un’idea per ripristinare quelle in pericolo

La foresta secca tropicale sempreverde sopravvive in alcune foreste sacre dell’India, e da queste è partita la sua rinascita

Spesso sono le tradizioni tramandate, frutto di una consapevolezza antichissima, a nascondere delle conoscenze utili per il presente e per il futuro. In India, la devozione verso alcune foreste sacre ha mantenuto in vita un ecosistema ormai raro, quello della foresta secca tropicale sempreverde. E oggi, proprio grazie alla sua conservazione, questo tipo di ambiente sta tornando a crescere.

foreste sacre india
@envatoelements

Piccole foreste sacre preziose per l’India

La foresta secca tropicale sempreverde, in India, si trova sulla costa Sud-Est del Paese. È la Costa del Coromandel, fra gli stati federati di Tamil Nadu e Andhra Pradesh. Qui, un tempo, questa foresta si estendeva per 300-500 km, ma oggi si è ridotta a 30-50 km, perché rimpiazzata da porti e città.

Già negli anni ’60 e ’80 si è cominciato a notare il pericolo di scomparsa per questo tipo di ecosistema. Ma, nonostante tutto, è riuscito a sopravvivere in circa 75 nuclei di foreste sacre lungo questa costa dell’India.

Un esempio è una foresta del Keezhputhupattu, nel Tamil Nadu, vicina al villaggio di Edayanchavadi. Per molti gruppi induisti è una foresta sacra, e per gli abitanti di questo villaggio è “kovil kaadugal”, “foresta del tempio”, dimora della divinità Manjaneeswarar Ayyanar. Ed è anche una fonte di utili risorse. L’albero di kaasan, per esempio, si usa per medicamenti, che migliorano il sistema immunitario o aiutano nel recupero post-parto. Con il karungaali, invece, si costruiscono strumenti musicali e agricoli.

Il progetto di ripristino

Nel 1968, nel distretto Villupuram di Tamil Nadu, è stata fondata la città internazionale di Auroville. Nel corso dei decenni, ecologisti e conservazionisti hanno qui lavorato a progetti di afforestazione, recupero del suolo, conservazione dell’acqua. Fra i tanti interventi, c’è stato quello di piantare molte piante resistenti alla siccità. Ma si è trattato di piante non autoctone, native dell’Australia o del Brasile, che tra l’altro non si sono dimostrate resistenti ai monsoni.

Fino a che, a partire dagli anni ’90, gli esperti hanno cominciato a rivolgersi verso le specie native. Hanno iniziato a esplorare le foreste sacre di questa parte dell’India, tipo quella di Keezhputhupattu, a 15 km da Auroville. E così hanno scoperto piante capaci di resistere tanto ai monsoni quanto alla siccità. Piante che fioriscono in vari periodi dell’anno, e che quindi ospitano tanti tipi di impollinatori. Foreste che sono la casa di bulbul dai mustacchi rossi, myna e zibetti indiani. E 85 aree dove sopravviveva la tanto rara foresta secca tropicale sempreverde.

Gli esperti hanno mappato tutto, documentato la biodiversità, collezionato i semi. Arrivati al 2000, in 45 foreste gestite dai membri di Auroville si propagavano già 200 specie di piante. Oggi, i vivai gestiti dalla comunità forniscono circa 50.000 alberelli all'anno per i progetti di piantumazione ad Auroville, e più di mezzo milione di alberelli sempreverdi è stato piantato.

Educare le future generazioni

Le foreste sacre di questa parte dell’India, oggi, svolgono anche un ruolo educativo. Vengono organizzate delle visite guidate per gli studenti, che imparano la loro importanza culturale ed ecologica. Ma imparano anche come piantare e prendersi cura delle piante, così che le possano portare anche nei loro villaggi. In questo modo le foreste native rinascono, e la consapevolezza viene tramandata alle nuove generazioni.


Enrico Becchi
Enrico Becchi
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Scrittore, divulgatore scientifico, giornalista. Con quello che scrivo e racconto cerco di rendere le persone consapevoli di sé stesse e del mondo spaziando fra tanti ambiti, fra le scienze naturali e le scienze di frontiera.
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