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Giornata internazionale delle foreste, dove sono quelle vergini nel mondo?

Giornata internazionale delle foreste, dove sono quelle vergini nel mondo?

Le foreste vergini sono quelle rimaste inalterate dalle attività dell’uomo. La loro difesa è importante per molte ragioni, soprattutto per il clima

Le foreste sono tutte importanti per le funzioni che svolgono a sostegno della vita sul nostro pianeta. È ciò che ci vuole ricordare ogni anno la Giornata internazionale delle foreste, ricorrenza istituita nel 2012 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si celebra il 21 marzo. Esiste, però, una categoria di foreste ancora più rilevante e che, per questo motivo, è oggetto di maggiori attenzioni. Sono le foreste vergini, aree praticamente mai toccate dall’uomo che, tra le tante cose, svolgono una grande ruolo nella mitigazione del riscaldamento globale e sono casseforti di biodiversità.

Le foreste vergini sono quelle rimaste inalterate dalle attività dell’uomo

Cosa sono le foreste vergini

Le foreste vergini, scientificamente definite “paesaggi forestali intatti” (intact forest landscapes, IFL) sono ampi tratti di foreste, antiche e incontaminate, con le seguenti caratteristiche: non sono state direttamente modificate dalle attività umane, ovvero non sono frammentate da strade o sfruttate per attività agricole industriali; si estendono per almeno 500 chilometri quadrati di lunghezza e 10 chilometri di larghezza; ospitano un’alta concentrazione di biodiversità; includono altri ecosistemi (ad esempio, zone umide, laghi e aree alpine).

Dove resistono le foreste vergini

Secondo la nuova mappa delle foreste vergini elaborata nel 2021 dal “Global mapping hub” di Greenpeace e dell’Università del Maryland (Stati Uniti), oggi i paesaggi forestali intatti sono il 20 per cento delle foreste del pianeta. Nel 2020, l’area occupata da foreste vergini era di 11,3 milioni di km2, ovvero solo il 9 per cento della superficie terrestre libera dai ghiacci.

Le foreste vergini più ampie sono localizzate nel bacino del Rio delle Amazzoni (Sud America), nel bacino del fiume Congo (Africa) e all’interno della Grande Foresta del Nord (l’ecosistema forestale boreale). Sono infatti Brasile, Perù, Repubblica Democratica del Congo, Canada e Russia a ospitare il 75 per cento delle foreste vergini rimaste nel mondo.

Superficie in declino

Questi cinque Paesi, più l’Indonesia, hanno visto sparire il 70 per cento delle foreste vergini negli ultimi vent’anni (dal 2000 al 2020). In questo intervallo di tempo, sono andati perduti 1,5 milioni di km2 di paesaggi forestali intatti, una superficie che equivale circa a tre volte quella della Spagna. E il tasso di perdita è in aumento ogni anno: tra il 2014 e il 2020, le foreste vergini hanno iniziato a scomparire del 28 per cento in più rispetto al periodo precedente (2008 – 2014). A questo ritmo, entro il 2050 potrebbe svanire un terzo delle foreste vergini (rispetto all’inizio del XXI secolo).

Il ruolo delle foreste vergini per il clima

A minacciare le foreste vergini, sono incendi fuori controllo, agricoltura industriale, raccolta industriale del legname ed estrazione mineraria. Pochi di questi ecosistemi fanno parte di riserve naturali, parchi nazionali e aree naturali protette in generale e, di conseguenza, corrono ancora grandi rischi. E ciò avviene nonostante svolgano un grande ruolo nella mitigazione del riscaldamento globale e quindi dei cambiamenti climatici.

Le foreste vergini sono in grado di assorbire una grande quantità dell’anidride carbonica presente in atmosfera. Solo quelle presenti nelle aree tropicali catturano da sole il 23 per cento di tutta la Co2 risucchiata dalle foreste del mondo. La densità di assorbimento delle zone tropicali incontaminate è tre volte superiore rispetto a quelle alterate dall’uomo. Nel complesso, secondo delle stime del Global Forest Watch, foreste e boschi inclusi all’interno dei paesaggi forestali intatti immagazzinano quasi un terzo (il 29 per cento) di tutta la Co2 assorbita dalla vegetazione arborea globale che cresce sopra il livello del suolo. Insomma, il nostro futuro sul Terra dipenderà anche dalla protezione di questi luoghi.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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