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Un'operazione chirurgica per salvare i vitigni

Un'operazione chirurgica per salvare i vitigni

Il mondo del vino, si sa, è veramente complesso, non solo nelle fasi della sua vera e propria produzione, ma ancora prima, nel vigneto, le variabili come il terreno, la luce o le precipitazioni cominciano a sommarsi l’una con l’altra a formare la base, l’uva, che andrà a riempire il nostro calice. La faccenda si complica ulteriormente quando si va a pensare che anche la salute di queste piante è importante per la buona riuscita del vino, e sono molte le malattie che possono minacciare le viti. In questo articolo approfondiamo una malattia in particolare, il mal dell’esca, e vedremo come sia possibile attuare un'operazione chirurgica per salvare i vitigni da un male considerato incurabile.

Il nemico

Il mal dell’esca della vite è una malattia di natura micotica, causata cioè da un particolare gruppo di funghi che vanno ad insidiarsi nei vasi linfatici e nel legno della pianta, rendendo man mano più difficile il trasporto di sostanze nutritive e di acqua all’interno della stessa dalle radici alla parte aerea. In particolare questi funghi, il P. chlamydospora e il P. aleophilum, possono essere riconosciuti per le striature brune e rossastre che lasciano sulla pianta, segno di necrosi, dalle quali può anche fuoriuscire un liquido nerastro.

Le micotossine che vengono prodotte nel frattempo entrano nel sistema di trasporto della pianta e raggiungono le sue foglie, dove possono iniziare a formarsi macchie clorotiche e necrotiche. A complicare ulteriormente la situazione ci si mette anche la non costanza dei sintomi: questi funghi hanno la capacità di rimanere latenti anche per lunghi periodi, anche più di un anno; non è infatti raro che i sintomi si ripresentino saltuariamente nelle stagioni, rendendo più difficile trattamenti e diagnosi. Per riprodursi sfruttano dei corpi fruttiferi che liberano delle spore, queste poi verranno trasportate dal vento e dalla pioggia verso nuovi ospiti, a cui potranno accedere attraverso tagli o ferite post potatura. E se normalmente questa malattia viene associata alle piante più vecchie, negli ultimi anni ha cominciato a diffondersi anche nei vigneti più giovani, mettendo molti vignaioli in allarme. Come possono difendersi da un morbo a prima vista inarrestabile?

Dendrochirurgia, un'operazione chirurgica per salvare i vitigni

Una risposta arriva dagli esperti del settore Simonit & Sirch, preparatori d’uva, i quali dopo cinque anni di vagabondaggio per vigneti francesi e italiani hanno messo a punto una tecnica grazia alla quale il 90% delle viti è riuscito a riprendersi dalla malattia e tornare in splendida forma. Prima di loro non esistevano rimedi ma semplici precauzioni: potare separatamente le piante malate, allontanare le piante morte o fortemente compromesse e i residui di legno vecchio, disinfettare le ferite e coprirle con mastici o evitare grossi lavori di potature per non esporre troppo le piante sane.

I nostri protagonisti però non si sono presi i meriti per l’idea, sottolineando come, secondo Ravaz e Lafon, già alla fine dell’800 fosse utilizzata da Poussard. Ma come funziona?In un articolo del Sole 24 ore Mirco Simonit spiega: “Banalizzando, si può paragonare il nostro intervento a quanto fa un dentista per curare una carie: utilizzando delle piccole motoseghe, apriamo il tronco ed esportiamo la parte intaccata dal mal d’esca. La pianta “disintossicata” dalla malattia, riacquista nel giro di poco tempo vigore, riprende a fruttificare e torna pienamente produttiva”.

I vantaggi economici e qualitativi per il vino sono evidenti, basti pensare che prima rimpiazzare le viti estirpate con nuove barbatelle creava delle differenze che avrebbero potuto incidere sulla buona riuscita del vino.

Mentre state leggendo questa tecnica comincia ad essere diffusa nelle diverse cantine e un giorno, chissà, potrebbe risultare quasi completamente debellata grazie a questi nuovi chirurghi della vite.

Fonti: ilsole24ore - agronotizie - Wikipedia - slowfood - millevigne


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