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Siccità e desertificazione: di cosa si tratta?

Siccità e desertificazione: di cosa si tratta?

In Cina stanno registrando livelli di siccità elevati, mentre il deserto del Gobi avanza di anno in anno. In Africa, invece, cercano di bloccare la desertificazione piantando di alberi. Ma cosa si intende quando si parla di desertificazione? È strettamente correlata alla siccità?

Secondo le autorità cinesi nelle regioni nord orientali della Mongolia Interna, nella zona settentrionale della Cina, si sta assistendo ad un grave periodo di siccità mai registrato prima d’ora. In un articolo del 29 giugno pubblicato sul The New York Times, viene riportato che negli ultimi anni tutta l’area settentrionale del Paese ha sofferto di episodi di siccità a causa dei cambiamenti climatici.

Il deserto che avanza

In quest’area, abitata prevalentemente da agricoltori e mandriani, i deserti si sono estesi di circa 33000 chilometri dal 1975, e il Gobi si spinge sempre più sud verso Beijing. Negli ultimi mesi la situazione è peggiorata a causa della mancanza di piogge: da metà aprile non si registrano rovesci e da maggio circa 120 mila persona devono fare i conti con la carenza di acqua potabile. Dall’area del deserto del Tengger, nella regione della Lega dell’Alxa, sono state ricollocate circa 30 mila persone considerate «profughi ambientali»: le praterie che prima caratterizzavano questa regione sono lentamente scomparse, togliendo loro ogni forma di sostentamento.

Il governo cinese ha istituito un programma governativo per cercare di arginare il problema che prevede sussidi annuali per piantare alberi e coltivare la terra sul confine con il deserto. Il fine è quello di bloccare l’avanzata del deserto e mantenere produttivo il suolo, ma resta il problema della siccità che ha reso ancora più difficile raggiungere le falde acquifere ora a 4-5 metri di profondità. Oltre a questo, va tenuto in considerazione uno scorretto sfruttamento del suolo, troppo intensivo che ha danneggiato la biosfera.

In un primo momento il governo cinese accusava gli stessi mandriani di essere la causa principale, limitando i loro spostamenti. La comunità scientifica ha però smontato questa teoria, ricordando che lo sfruttamento del suolo è solo una delle cause e che un uso moderato del suolo potrebbe invece aiutare a prevenire il fenomeno. Dopo questo cambio di rotta, le autorità hanno proposto programmi che miravano a risolvere il problema piantando alberi ma i ricercatori avanzano i loro dubbi anche su questa opzione. Si stima che le perdite siano stati finora di 780 milioni di dollari.

The Great Green Wall

L’idea di creare un muro di alberi non è nuova e viene proposta per la prima volta nel 2007 dall’African Union: il cosiddetto «The Great Green Wall» è una distesa di circa 25 mila chilometri di alberi, larga 15 chilometri che va dal Senegal a Djibouti. Lo scopo è quello di fermare il Sahara e la desertificazione del Sahel, una fascia di territorio sub-sahariana che si estendo da ovest verso est, chiusa a sud dalla savana del Sudan. Partecipano 21 nazioni africane e la più produttiva sembra essere il Senegal, con circa 300 miglia di alberi piantati. La regione del Sahel ha visto diminuire le piogge del 30% nell’ultimo secolo e a causa dell’aumento della siccità, ha perso anche il 20 percento della fauna.

La Great Green Wall Initiative for the Sahara and Sahel Initiative si è posta come obiettivo di risanare 50 milioni di ettari, garantire cibo a 20 milioni di persone e creare 350 mila posti, ma la comunità scientifica resta scettica. In un articolo della CNN il professore Jonathan Davies, a capo del Global Drylands Initiative at the International Union for the Conservation of Nature (IUCN), afferma che dagli ultimi dati disponibili il deserto del Sahara non è avanzato, bensì si sia ritirato di 200 chilometri a nord. La desertificazione di quella zona è causata da altri fattori come il cambiamento climatico, l’eccessivo sviluppo e una sbagliata gestione del territorio. Ne è un esempio in Niger che come soluzione ha puntato sulla rigenerazione del suolo, permettendo agli stessi alberi di avere un ambiente favorevole alla loro crescita.

Desertificazione: cosa significa?

Per capire meglio il fenomeno e le critiche rivolte dalla comunità scientifica bisogna rivedere lo stesso concetto di desertificazione. Questo fenomeno non riguarda i deserti ma le zone fertili del pianeta che inaridiscono. Sfruttandolo troppo o nella maniera sbagliata il suolo, questo perde le sue qualità biologiche e diventa impossibile coltivare alcunché. Come spiega la professoressa Anna Luise dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) su un articolo dell’Internazionale, il suolo fertile rappresenta il 75% delle terre emerse ma di questo il 40% è a rischio desertificazione.

Il deserto che si spinge oltre i suoi confini, come nel nord della Cina, è una possibile conseguenza. Non bisogna pensare solo ai deserti di sabbia, ma a tutte quelle zone in cui scompare la biosfera. È un fenomeno lento e non si sa di preciso quando sia cominciato, ma dal 1996 è entrata in vigore una convenzione delle Nazioni Unite, a cui l’Italia ha aderito nel 1997. Lo stesso progetto del Great Green Wall è stato rivisto, cambiando approccio e puntando su nuove metodologie di sfruttamento del suolo.


Carlotta Pervilli
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Laureata in Storia, ma appassionata di giornalismo. Disorientata tra conflitti mondiali e ambiente, resta certa solo di una cosa: l’essere curiosa.
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