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Sabbia: è veramente una risorsa infinita?

Sabbia: è veramente una risorsa infinita?

È una risorsa naturale fondamentale per le costruzioni, ma non è infinita come potremmo pensare. La richiesta è alta, al punto che le conseguenze le si vedono anche sull’ambiente.

Come l’acqua, anche la sabbia è una di quelle risorse naturali che crediamo sia inesauribile. Pensiamo alle innumerevoli spiagge sparse per il mondo, oppure immensi deserti come il Sahara. Eppure le cose non stanno proprio così, anzi.

Ambiente e crescita urbana

In uno studio pubblicato su Science si dice come il suo sfruttamento eccessivo non solo stia comportando seri danni all’ambiente, ma abbia reso questa risorsa preziosa quanto l’oro. Aurora Torres del German Center for Integritive Biodiversity sostiene che fino ad ora il problema è stato sottovalutato sia da chi estrae, sia da chi studia gli impatti che l’estrazione ha sull’ambiente. La sabbia viene usata nella costruzione di infrastrutture, attraverso la produzione di cemento, di vetro e nel settore tecnologico. Assieme alla ghiaia, supera i livelli dei combustibili fossili e la domanda mondiale è aumentata nell’ultimo decennio anche per via della crescita esponenziale del settore edilizio in Cina e India.

Secondo i dati UNEP, riportati da Luigi Bignami su Business insider, solo nel 2012 ne sono stati estratti dai 26 ai 29 miliardi di tonnellate. La richiesta maggiore è arrivata ovviamente dai paesi asiatici, seguiti dall’Europa e dal nord America. Anche il suo valore rende bene l’idea di quanto questa risorsa sia importante per il settore socioeconomico: solo negli Stati Uniti nel 2016 il suo valore di produzione ed uso nelle costruzioni è stato di 8.9 miliardi di dollari, con un aumento del 24% negli ultimi 5 anni.

L’elevata richiesta di sabbia è nettamente superiore rispetto a quanta se ne riforma in natura e ciò fa sì che vengano sfruttati anche giacimenti illegali oppure che si creino dei contenziosi tra nazioni. Bignami fa l’esempio dei rapporti tesi fra Singapore e l’Indonesia: la prima si è vista costretta ad intaccare le sue riserve d’emergenza dopo che si era vista negare le importazioni nel febbraio del 2007. Un altro caso, invece, è quello del Vietnam che se non dovesse trovare una soluzione alternativa ad una domanda interna superiore alle riserve del Paese, entro il 2020 si vedrà costretta a fare a meno di usare la sabbia nel settore edilizio.

Impatti ambientali

Le conseguenze sull’ambiente sono molteplici e hanno un impatto anche sulla sicurezza delle città e delle coste. Lo sfruttamento eccessivo di giacimenti di sabbia o ghiaia a ridosso dei fiumi può alterare sensibilmente il suo equilibrio e rendere la zona circostante soggetta a esondazioni. Nei fondali marini, invece, viene alterato l’ecosistema e i sedimenti che trascinati dalla corrente dei fiumi che si riversano in mare non sono sufficienti per sopperire alle grosse quantità prelevate con l’estrazione. Infine, le coste diventano più deboli e soggette sia ad infiltrazioni di acqua salata che colpiscono le falde acquifere o le coltivazioni, oltre ad essere più penetranti per eventi climatici estremi come gli Tsunami o le tempeste. In questo caso, Luigi Bignami cita un report del Water Integrity Network che dimostra come i danni dello Tsunami del 2004 nell’Oceano Indiano vennero amplificati anche dalle grandi estrazioni di sabbia sulle coste.

Di che tipo di sabbia parliamo?

Non tutta la sabbia è adatta ad essere usata per la costruzione di infrastrutture. Come riporta il Post, ve ne sono di vari tipi, classificati sulla base della dimensione dei granelli e la loro forma: quella dei deserti è arrotondata e non è adatta per produrre calcestruzzo o asfalto, mentre quella dei fiumi è più spigolosa. Le riserve di sabbia non ancora intaccate si trovano al di sotto di città oppure in zone protette e ciò significa che i Paesi si vedono costretti a esportarla anche da molto lontano. Attualmente non vi sono ancora alternative valide e all’altezza della richiesta, anche se è possibile crearne di artificiale sfruttando materiali riciclati.

Fonti: businessinsider.com - unepineurope.org - waterintegritynetwork.net - ilpost.it - nytimes.com - sciencemag.org - pnas.org


Carlotta Pervilli
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Laureata in Storia, ma appassionata di giornalismo. Disorientata tra conflitti mondiali e ambiente, resta certa solo di una cosa: l’essere curiosa.
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