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A prova di patologia: diminuire i rischi non significa non ammalarsi

A prova di patologia: diminuire i rischi non significa non ammalarsi

Oggi giorno si è coscienti del fatto che per evitare di incorrere in certe patologie si debba seguire uno stile di vita sano, dato da una dieta equilibrata e movimento fisico. Nonostante ciò, con le nuove scoperte scientifiche pubblicate a volte con troppa approssimazione sui giornali, si pensa erroneamente che quel determinato alimento, o comportamento, sia la causa diretta di quel disturbo. O che eliminando quel cibo potremo tirare un sospiro di sollievo, credendoci immuni da una patologia cardiovascolare.

Ridurre i rischi, non essere immuni

Monica Reinagel, nutrizionista americana, affronta l’argomento con un articolo intitolato «The Disease Proofing Myth», riproposto da Scientific American. Autrice di numerosi articoli e podcast che trattano di cibo e salute, si sofferma sull’approssimazione che ridurre i rischi sia sinonimo di immunità. Lungi dal voler giudicare le pubblicazioni scientifiche come prive di fondamento, Monica Reinagel si sofferma su di un aspetto utile per poter affrontare l’argomento in maniera seria: gli innumerevoli libri pubblicati ogni anno affrontano il tema osservando quali sono gli stili di vita comuni nelle persone che soffrono di quel determinato disturbo.

Non sono ricerche campate in aria, ma si basano su esperimenti seri e controllati, coordinati da persone qualificate. Il risultato al quale arrivano non è di per sé errato, ma non va nemmeno preso come la soluzione alla malattia. Statisticamente funzionano e di conseguenza ridurranno le possibilità di vedersi diagnosticare l’Alzheimer, ad esempio, ma limitare i rischi non significa annullare le possibilità di ammalarsi.

Troppi fattori in gioco

L’esempio più semplice da comprendere è quello del fumo: un fumatore ha molte più possibilità di ammalarsi di cancro di un non fumatore, ma non significa che quest’ultimo sia immune. Il problema sta nel credere che eliminando certi comportamenti o «segui queste regole e non accadrà», come afferma la nutrizionista, sia fuorviante e pericoloso.

Nel momento in cui una persona dovesse ammalarsi sarebbe portata a pensare che è colpa sua. La nostra salute è data da troppi fattori ed è impensabile credere di poterne avere il pieno controllo. Oltretutto, la smania di voler essere sani ad ogni costo può trasformarsi in un’ossessione, altrettanto pericolosa.

L’ossessione, o ortoressia

Esiste un disturbo dell’alimentazione chiamato ortoressia, benché non ancora inserito all’interno del DSM 5, il manuale diagnostico dei disturbi mentali. Venne proposto per la prima volta dal dietologo Steve Bratman nel 1997 e viene indicato come un’ossessione maniacale per un’alimentazione sana. Ci si priva di alimenti fondamentali perché considerati dannosi per svariati motivi. L’esagerazione contraria che può comportare danni simili, come vi abbiamo raccontato in questo articolo.

L’attenzione di questi ultimi anni riguardo la salute prevede una regola semplice e sempre valida: equilibrio. Una dieta varia accompagnata da movimento fisico, assieme alla capacità di capire che i rischi si possono diminuire, non azzerare.


Carlotta Pervilli
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Laureata in Storia, ma appassionata di giornalismo. Disorientata tra conflitti mondiali e ambiente, resta certa solo di una cosa: l’essere curiosa.
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