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Il primo salmone geneticamente modificato sul mercato Canadese

Il primo salmone geneticamente modificato sul mercato Canadese

Il 4 agosto scorso l’azienda americana Aqua Bounty Technologies ha venduto a clienti canadesi 4.5 tonnellate di salmone geneticamente modificato, dopo più di 25 anni di attesa e sperimentazioni scientifiche.

In soli 18 mesi

Come riportato nell’articolo pubblicato da Nature del 4 agosto, la varietà di salmone geneticamente modificata è quella del salmone atlantico, ora in grado di crescere e raggiungere la grandezza richiesta dal mercato nella metà del tempo. Normalmente impiegherebbe 36 mesi, ma dopo le modifiche apportate al Dna raggiunge le stesse dimensioni in soli 18 mesi.

Il primo risultato lo hanno avuto nel 1989, unendo in laboratorio delle caratteristiche genetiche del salmone reale (o Chinook) che permettono la produzione di un ormone della crescita assieme ad altri elementi genetici di un’altra specie, la Zoarces americanus. L’allevamento ittico in cui sono stai cresciuti si trova a Panama ma l’azienda prevede di aprirne un altro nell’isola del Principe Edoardo in Canada, avendo ricevuto l’autorizzazione a giugno. Nello stesso periodo ne hanno acquistato un altro ad Albani, Indiana. Il costo di questa tipologia di pesce si aggira sui 11.70 dollari al chilo.

L’iter d’approvazione

L’iter per avere l’approvazione alla vendita è durato 25 anni, arrivando ad un punto di svolta solo nel novembre del 2015: la discussione con la Food and Drug Administration, l'ente governativo americano che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ruotava attorno alla tecnica genetica usata per modificare il DNA e al fatto che legislativamente non ci fosse alcun impedimento alla vendita. Dopo sei mesi, anche il Canada ha concesso l’autorizzazione. Attualmente in America non è ancora disponibile sul mercato perché nell’ultima legge di bilancio è incluso un provvedimento che obbliga l’FDA a vietare la vendita di salmoni geneticamente modificati senza un programma nazionale informativo per i consumatori.

I pro e contro

Gli attivisti che si oppongono alla vendita di questa tipologia di pesce premono su due punti fondamentali: da un lato temono che ci possano essere alterazioni all’ecosistema marino nel caso in cui un esemplare scappi dall’allevamento, unendosi con salmoni non modificati geneticamente; dall’altro non vogliono che venga venduto senza che i consumatori sappiano cosa comprano. I sostenitori, come riportato nell’articolo di Nature, premono sugli altri aspetti come la possibilità di creare allevamenti anche vicino a contesti urbani e venendo allevati in vasche si evita che vengano a contatto con patogeni e parassiti.

In Italia?

La coltivazione di OGM in Italia è vietata, a dispetto di altri Paesi membri come la Spagna in cui una qualità di mais, il MON 810, è autorizzato. L’ultima direttiva europea in materia, la 412/2015, permette ad ogni Stato membro di decidere se autorizzare la coltivazione o rigettarla. Come l’Italia, altri 7 Paesi non hanno consentito la coltivazione. La questione è molto controversa e ne è la prova la votazione dello scorso 27 marzo al Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (Paff), in cui l’Italia ha votato a favore dell’autorizzazione di due nuovi tipi di mais geneticamente modificati - Pioneer 1507 e il Syngenta Bt11 – riservandosi però di non autorizzarne la coltivazione sul proprio territorio, sfruttando la «clausola di salvaguardia».

Questione diversa, invece, per i mangimi o alimenti: come si legge sul sito del Ministero delle Politiche Agricole «gli alimenti e mangimi che contengono, consistono o sono prodotti da OGM autorizzati vanno etichettati utilizzando un identificatore unico, stabilito per ciascuno di essi contestualmente all'autorizzazione». Non sono vietati, ma devono essere etichettati. Non vi è obbligo di etichettatura se la presenza di OGM è considerata accidentale o tecnicamente inevitabile, rimanendo sotto la soglia dello 0.9%. Invece «i prodotti ottenuti mediante un OGM non riscontrabile alla fine del processo o prodotti derivati da animali nutriti con mangimi GM» non vanno etichettati.

In Europa vi sono 58 OGM autorizzati nell’Unione europea per l’alimentazione umana ed animale, tra cui mais, cotone, soia, colza e barbabietola da zucchero. Stando ai dati del 2013, vengono importati 36 milioni di tonnellate all’anno per gli allevamenti europei. Sul nostro continenti si arriva a produrne solo 1.4 milioni di tonnellate OGM free sul totale del fabbisogno. I maggiori produttori sono il Brasile con il 43.8%, di cui l’89% è OGM, seguiti dall’Argentina e dagli Stati Uniti d’America, anch’essi con un alto livello di semi di soia geneticamente modificati.

Per il momento non è prevista la vendita di salmoni simili. La questione resta complicata a livello europeo per due motivi in particolare: da un lato opporsi alla commercializzazione di questi prodotti andrebbe a colpire il mercato unico europeo, venendosi a creare disparità interne; dall’altro le nuove tecniche di genome editing non prevedono per forza la combinazione di diverse specie o di elementi genetici che non sono presenti allo stadio primario. Si tratta di agire su di un genoma specifico correggendolo, senza inserire DNA esterno.

Fonti: nature.com - climatechangenorth.ca – wikipedia.org - repubblica.it - politicheagricole.it - pagina99.it - europarl.europa.eu - ec.europa.eu


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Carlotta Pervilli
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Laureata in Storia, ma appassionata di giornalismo. Disorientata tra conflitti mondiali e ambiente, resta certa solo di una cosa: l’essere curiosa.
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