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Non ci sono più i frutti di una volta...

Non ci sono più i frutti di una volta...

Non è facile pensare che i frutti che troviamo oggi al supermercato siano il risultato di un certosino lavoro di incroci e selezione operato dai nostri antenati, meno naturale di quanto ci piacerebbe immaginarla. Ebbene sì, il lavoro che il normale processo evolutivo metterebbe in campo sotto forma di pressione selettiva è stato impiegato dall’uomo a suo vantaggio, più che altro per darci la possibilità di gustare prodotti nettamente migliori rispetto alle loro controparti del passato.

Le dimensioni contano

Ebbene sì, se oggi possiamo gustarci angurie, mais, pesche, banane e chi più ne ha più ne metta, delle dimensioni (abbondanti) a cui siamo abituati, è grazie ad un attento lavoro di selezione e bioingegneria ante litteram operata dai nostri antenati in migliaia di anni.

Così scopriamo che in origine, agli albori dell’agricoltura (7000 a.C.), la pannocchia di mais era lunga appena 19 millimetri, ciascuna carica di un numero di semi molto duri compreso tra cinque e dieci, da scoprire battendo con forza l’infiorescenza. Tutta questa fatica per ottenere un mucchietto di chicchi dal sapore simile alla patata cruda, di cui esistevano circa 8 varietà.

Ed ecco che invece oggi possiamo stringere tra le mani 190 mm di mais, oltre duecento varietà sparse per la maggior parte del globo, disponibili in cinque colori, dal sapore nettamente migliore, proprietà nutrizionali bilanciate e lavorazione nettamente più semplice.

Discorso decisamente simile si può fare per l’anguria. Avrete sicuramente presente quel frutto pesante diversi chili (tra i 2 e i 15) disponibile ormai nelle forme più disparate, con un diametro che può tranquillamente arrivare al mezzo metro, un frutto con tutte le carte in regola per lenire il caldo estivo.

Ci credereste che in origine, parliamo del 3000 a.C., arrivava appena a 5 centimetri, aveva un gusto estremamente amaro, necessitava di un martello o comunque di un oggetto affilato per poter essere pulita e una volta aperta era necessario pulirla dei suoi diciotto semi, che ne occupavano la maggior parte del volume. Insomma, un incubo, tanto più che esistevano solo sei varietà di questo frutto, contro le oltre milleduecento esistenti oggi, sparse per oltre quindici paesi. Corona il tutto il suo ‘attuale’ effetto antinfiammatorio, esattamente l’opposto di quello che avveniva in passato, visto che il consumo di questo frutto poteva causare facilmente infiammazioni.

Arriviamo così a un altro dei nostri frutti preferiti, la pesca, che nell’arco di 6000 anni ha subito molti cambiamenti per cui non possiamo che ringraziare i nostri irrispettosi antenati: siamo passati infatti da un 36% di nocciolo a un più efficiente 10%, su un frutto che oggi è circa 64 volte più grande della controparte originale. Anche in quanto a gusto non ci sono paragoni visto che da un frutto dal sapore terroso, acido, salato e leggermente dolce, a quello a cui oggi siamo così abituati.

Chiude la fila degli esempi la banana, anche questo un frutto che ha subito profondissime modifiche: 7000 anni di domesticazione hanno trasformato un piccolo frutticino arcuato e pieno di semi nella moderna banana, non solo più grossa e dolce, ma paradossalmente più ricca di sostanze nutritive.

In effetti è abbastanza innegabile, i frutti e in genere i vegetali che conosciamo oggi, nonostante li si associ volentieri con la natura incontaminata, sono il risultato di un paziente lavoro compiuto dai nostri antenati, grazie ai quali oggi possiamo gustare versioni decisamente migliori di quei frutti che millenni fa la natura ci concedette.

Fonti: jameskennedymonash.wordpress.com


Matteo Buonanno Seves
Matteo Buonanno Seves
Scopri di più
Un giovane laureato in Scienze Gastronomiche con la passione per il giornalismo e il mai noioso mondo del cibo, perennemente impegnato nel tentativo di schivare le solite ricette e recensioni in favore di qualcosa di più originale.
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