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L'allevamento di salmoni e i limiti dell'acquacultura in Cile

L'allevamento di salmoni e i limiti dell'acquacultura in Cile

La situazione in Cile è il classico esempio di eccessivo sfruttamento delle risorse locali, in questo caso idriche, che ora si trovano allo stremo in diverse parti del paese.

Se si parla di salmone la prima nazione che ci viene in mente è sicuramente la Norvegia, primo produttore al mondo di questa squisito pesce. Passa stranamente in secondo piano il Cile, al secondo posto, i cui impianti di acquacoltura sono impiegate in maniera estensiva, in risposta agli aumenti di consumo che si registrano bene o male in tutto il mondo. Eppure il sistema potrebbe essere sull’orlo del collasso, almeno è quanto sembrerebbe emergere da uno studio pubblicato su Scientific Report, una testata dello stesso gruppo di Nature, secondo cui l'allevamento di salmoni così come è praticato sarebbe insostenibile.

L'allevamento di salmoni estensivo in Cile

L’acquacoltura in Cile ha avuto un enorme successo, tanto da essersi moltiplicata esponenzialmente accanto i fiumi, sulle rive dei laghi e in enormi gabbie lungo le coste o attorno alle foci. Questa particolare “processione” di luoghi è necessaria per il particolare ciclo biologico di questo pesce, col rischio però di compromettere seriamente l’ecosistema in più di una zona del paese.

I salmoni di allevamento cominciano la loro vita in alcuni vivai, circa un centinaio, nelle acque incontaminate dei fiumi che dalle Ande scendono verso l’Oceano Pacifico, mentre sono ancora di piccole dimensioni o semplici uova. Il loro viaggio prosegue, una volta cresciuti, all’interno di imponenti gabbie immerse nei laghi al sud del paese fino a che non vengono considerati pronti per la riproduzione. Solo a questo punto ai pesci è concesso vedere il mare, dopo un’ulteriore gita infatti finiscono in altre gabbie, sparse lungo le zone costiere del paese. Diventa più chiara ora la dimensione del problema, considerando che le acque che rimangono intonse da questo tipo di allevamento sono sempre meno e che il mercato qualche anno fa valeva 5 miliardi di dollari, senza accennare a contrarsi.

Ma cosa succede esattamente?

L’équipe tedesco-cilena ha eseguito molteplici rilevazioni sul campo, per poi sottoporre ogni prelievo ad analisi di laboratorio come la «Fluorescence measurements, ultrahigh-resolution mass spectrometry, and nuclear magnetic resonance spectroscopy». L’obiettivo di questa caccia? Valutare il livello di Dom (dissolved organic matter), che potremmo considerare come la materia organica disciolta nell’ambiente come sostanza di scarto, presente nelle acque cilene.

Quello che i ricercatori hanno scoperto, purtroppo, è stato poco sorprendente: l’allevamento estensivo di salmone, senza alcun tipo di strategia ecocompatibile, ha visibilmente modificato gli equilibri chimico/organici dell’acqua. A valle degli allevamenti infatti il biofilm di alghe normalmente florido è stato trovato decisamente compromesso, tanto da pensare che verrà intaccata la produzione di ossigeno, fondamentale per l’intero ecosistema.

D’altra parte la sovrabbondanza di questa materia organica disciolta ha permesso il proliferare da altri microrganismi, golosi di proteine, zuccheri e grassi, sbilanciando di fatto ulteriormente l’ecosistema, aumentando esponenzialmente la richiesta di ossigeno. Questo circolo vizioso rischia di portare all’indebolimento della catena alimentare, che una volta portata alla saturazione avrà sicuramente ripercussioni anche sull’economia del paese.

Come per tanti altri problemi la soluzione non è né semplice né immediata, ci sono voluti anni e una perversa dedizione per riuscire a compromettere fino a questo una buona parte delle riserve idriche del paese, ma non per questo ci si può dare per vinti: è di fondamentale importanza varare delle misure protettive a 360 gradi, imponendo l’obbligo della purificazione delle acque, imponendo dei limiti precisi alla quantità di Dom presente nei fiumi e nei laghi.


Matteo Buonanno Seves
Matteo Buonanno Seves
Scopri di più
Un giovane laureato in Scienze Gastronomiche con la passione per il giornalismo e il mai noioso mondo del cibo, perennemente impegnato nel tentativo di schivare le solite ricette e recensioni in favore di qualcosa di più originale.
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