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Dall’orzo alla bottiglia: la produzione della birra

Dall’orzo alla bottiglia: la produzione della birra

Le vicende dietro alla scoperta della birra sono sicuramente affascinati, ma il procedimento per produrla non è sicuramente da meno.

La lunga storia della birra ha prodotto nell’arco dei secoli una profonda rivoluzione nei metodi di produzione, allo stesso tempo non alterando molto il prodotto da come lo si conosceva cinquecento anni fa. Nuovi strumenti tecnologici hanno permesso non solo di incrementare sempre più la qualità di questa bevanda, ma hanno anche migliorato sensibilmente la sua conservazione, così che oggi è possibile bere birra, nella maggior parte dei casi, da ogni angolo del mondo.

Pochi ma buoni

Gli ingredienti della birra sono nella stragrande maggioranza dei casi solo tre: acqua, orzo e luppolo. A scapito di quello che si potrebbe pensare della qualità dell’acqua, organoletticamente impercettibile, questa è fondamentale per la riuscita di un buon boccale; vengono ricercati due parametri, in primis la bassa durezza (espressa in gradi francesi, tra i 7-8) e scarsa dolcezza. Il discorso si complica quando parliamo dell’orzo, o meglio di ciò che dall’orzo si vuole ottenere per produrre birra: il malto. Semplificando, il cereale viene messo nelle condizioni di germinare, così che al suo interno si inneschino alcuni processi enzimatici naturali in grado di semplificare gli amidi contenuti nei chicchi per ottenere zuccheri più semplici come il maltosio. Poi c’è il luppolo, una cannabacea, di cui vengono utilizzate esclusivamente le infiorescenze femminili, pochi grammi per litro, apprezzate per la loro proprietà amaricante.

I primi passi

Esiste un quarto ingrediente, poco considerato ma in realtà fondamentale per la riuscita di un buon prodotto: il lievito. Il nome Saccharomices carlsbergensis vi suggerisce qualcosa? Ma andiamo con ordine. Dopo la germinazione e la successiva essicazione l’orzo può essere considerato malto, che a sua volta viene macinato, unito all’acqua e scaldato a 55-60 gradi. Questa miscela durante la fase di riscaldamento viene definita mosto e costituirà la base di partenza per la fermentazione alcolica, passaggio chiave della birrificazione.

Successivamente si ha la fase di filtrazione, dopo la quale si ottiene una parte solida destinata all’alimentazione animale e una parte liquida, il filtrato, ancora priva di gusto e aromi, a cui viene addizionato il luppolo, appena prima di essere sottoposto a bollitura. Durante questo processo viene favorito il rilascio di sostanze come tannini e resine, origine della sensazione astringente della birra, e una volta ultimato si lascia raffreddare per favorire la precipitazione delle scorie in sospensione.

La vita della birra

È proprio a questo punto che viene aggiunto lo starter microbico, i famosi lieviti di qualche riga fa, i quali avranno lo scopo di regalare tenore alcolico e bollicine alla birra. I lieviti però non sempre sono selezionati, possono anche essere naturalmente presenti nell’ambiente e lasciati liberi di inoculare il mosto, cosa che accade però solo per alcune tipologie di birra e solo in specifici luoghi. Le variazioni di temperatura che hanno preceduto questa fase sono servite per deattivare eventuali microorganismi che avrebbero potuto innescare fermentazioni secondarie indesiderate.

Ma cosa succede durante questo processo? Gli zuccheri liberati durante il processo ora sono pronti per essere consumati dai lieviti della famiglia Saccharomices, i quali li metabolizzano in alcool e anidride carbonica. Ecco finalmente le bollicine e la proprietà inebriante che ognuno si aspetta dalla propria birra. Esistono per la precisione due tipi di fermentazione: alta e bassa. La prima viene condotta tra i 16 e i 21 gradi, temperatura ideale per il Saccharomyces cerevisiae che completa il processo fermentativo in circa quattro giorni, contribuendo a produrre una birra dai sapori e aromi intensi. La bassa invece vede il Saccharomices Carlsbergensis impegnato nella fermentazione, a una temperatura tra i 5 e gli 8 gradi, per un periodo che può arrivare anche alle due settimane, fino a produrre una birra fragrante, leggera e dal gusto pulito.

Alla fine della fase di fermentazione possono essere svolti alcuni passaggi, come un’ulteriore filtrazione e la pastorizzazione, dopo le quali avremo il prodotto finito, pronto per farci compagnia davanti ad una partita con qualche amico fidato.


REDAZIONE
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Raccontare e spiegare cibo, sostenibilità, natura e salute. Un obiettivo più facile a dirsi che a farsi, ma nella redazione di inNaturale non sono queste le sfide che scoraggiano. Siamo un gruppo di giovani affiatati in cerca del servizio perfetto, pronti a raccontarvi le ultime novità e le storie più particolari.

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