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Biohacking e digiuno, cosa succede nella Silicon Valley?

Biohacking e digiuno, cosa succede nella Silicon Valley?

Diciamocelo, il termine biohacking non è esattamente all’ordine del giorno quando si parla di dieta e alimentazione, eppure sembrerebbe che nel cuore della Silicon Valley, il concetto sia sempre più diffuso. Sono proprio gli alti papaveri delle note aziende californiane a sdoganare il termine, appaiandolo alla pratica del digiuno, di cui sembrano estremamente soddisfatti.

Non chiamatela dieta

Pane per amministratori delegati insomma, come Phil Libin, ex Ceo della nota Evernote, che consuma pasti normali per tre giorni consecutivi, per poi seguire uno stretto digiuno gli altri quattro, accompagnandosi con acqua, tè nero e caffè per rimanere in piedi. E sembrerebbe funzionare, considerando anche la perdita di peso, oltre 40 chili in 8 mesi.

Avrebbe dichiarato, come riporta un articolo pubblicato da corriere.it, che «c’è una euforia mite. Sono in uno stato d’animo molto migliore, la mia attenzione è più alta e c’è un’energia costante. Mi sento molto più sano. Mi sta aiutando ad essere un miglior CEO. Realizzare cicli di digiuno è sicuramente una delle due o tre cose più importanti che ho fatto nella mia vita».

A corredare questi lunghi periodi senza mangiare ci si aggiunge una certa ossessiva attenzione per i propri parametri vitali, cosa che gli amministratori tengono costantemente sotto controllo. Parliamo di chetoni e glucosio nel sangue, utili per monitorare l’andamento delle proprie riserve di grasso, che dovrebbero in qualche modo sostituire i carboidrati che normalmente ci sostengono per tutta la giornata.

È il biohacking, bellezza

Prima di ogni altra cosa è meglio ribadirlo: il digiuno, soprattutto quando non è attentamente monitorato, può essere pericoloso per la salute, potendo danneggiare il cuore a causa del drastico calo di potassio, sodio e magnesio, che devono nel caso essere assimilati con integratori. D’altra parte è altrettanto vero che sono sempre più gli studi che collegano il digiuno con il rafforzamento del sistema immunitario o, almeno nei topi, una sorta di vecchiaia rallentata.

Gli alti dirigenti si spingono oltre, sostenendo che grazie al consumo delle riserve di grassi si siano sentiti più concentrati, quasi come se quel tipo di dieta a base di chetoni potesse spingere il cervello oltre i suoi normali limiti. Qualcuno è pronto a sostenere che la nostra necessità di consumare un certo numero di pasti al giorno sia stata più legata alla necessità di socializzare che all’effettiva necessità di nutrirsi. Noi rimaniamo un po' scettici.

Fonti: corriere.it - huffpost.com - chipin.com

Le informazioni contenute in questo articolo sono da intendersi a puro scopo informativo e divulgativo e non devono essere intese in alcun modo come diagnosi, prognosi o terapie da sostituirsi a quelle farmacologiche eventualmente in atto. In nessun caso sostituiscono la consulenza medica specialistica. L’autore ed il sito declinano ogni responsabilità rispetto ad eventuali reazioni indesiderate.


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