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Acqua tossica: la crisi idrica di Flint

Acqua tossica: la crisi idrica di Flint

Abbiamo intervistato Francesco Costa, vicedirettore del Post, che è stato in Michigan per ricostruire quello che è successo a Flint, cittadina degli Usa in cui solo tre anni fa si è assistito alla peggior crisi idrica registrata in America

Parlare di crisi idrica porta alla mente immagini di fiumi prosciugati, paesi immersi in zone aride e sostanzialmente poveri. Difficilmente potremmo pensare che una situazione del genere possa verificarsi in America, in Michigan per l’esattezza. Francesco Costa, giornalista e vicedirettore del Post, è stato là in marzo. Ha parlato con Ron Fonger, giornalista del Flint Journal che ha seguito la storia fin dall’inizio, e con la gente del posto riguardo l'acqua della città.

Cos'è successo: dalla crisi dell’auto a quella dell’acqua

Il luogo di cui stiamo parlando è Flint, una città vicino a Detroit, protagonista assieme a quest’ultima del miracolo economico degli anni ’50 e della successiva crisi negli anni 2000. Tutto nasce dalla scelta dell’amministrazione cittadina, in completo dissesto economico, di non servirsi più del sistema idrico della città di Detroit, preferendo attingere dal fiume di Flint. Questa decisione porterà ad una crisi idrica che si trascina tutt’ora.

Tutto comincia dopo la crisi del comparto automobilistico: dagli anni ‘80 le principali aziende americane, leader nella produzione di auto, entrano in crisi, incapaci di sostenere la concorrenza coreana e giapponese. L’unico modo per riuscire a rimanere a galla è quello di automatizzare il processo produttivo e delocalizzare le fabbriche in Messico, dove la mano d’opera costa molto meno. Queste decisioni comportano migliaia di licenziamenti e un impoverimento delle comunità che dovevano la loro ricchezza proprio a questo settore. Città come Detroit e Flint passano dall’avere un elevato standard di vita a condizioni di povertà dilagante. Piano piano si svuotano, rimane solo quella parte della popolazione che non ha disponibilità economiche per andarsene.

Nel marzo del 2013 la città di Flint è sull’orlo della bancarotta e il consiglio comunale decide di attuare una riforma dell’approvvigionamento idrico della città, chiudendo il contratto con la Detroit Water and Savarage Department per passare alla Karegnondi Water Authority. Il nuovo progetto prevedeva la costruzione di un nuovo impianto collegato al lago Huron, permettendo alla città di Flint di risparmiare sui costi di approvvigionamento idrico. La società di Detroit cerca di trovare un accordo ma, vista la decisione del consiglio comunale, annuncia che il contratto si sarebbe concluso l’anno successivo.

Un’alternativa sbagliata

Ed è qui che cominciano i guai: il progetto della Karegnondi Water Authority non sarebbe stato concluso prima di tre anni, bisognava trovare una soluzione alternativa nel mentre. Nell’aprile del 2014 l’«emergency manager» Daniell Earlay, una sorta di commissario speciale mandato dal governo degli Stati Uniti, decide che la città avrebbe usato provvisoriamente l’acqua del fiume di Flint, in attesa di potersi allacciare con la nuova struttura sul lago Huron. I risultati delle analisi di laboratorio non presentavano alcun dato anomalo, quindi l’acqua poteva considerarsi potabile. Il problema, però, non riguardava l’essere potabile o meno, ma il suo livello corrosivo.

«Il problema alla base di questa storia è che effettivamente tutte le sostanze nocive venivano dai tubi delle case. Il punto è che l’acqua se li portava dietro perché era leggermente più corrosiva rispetto agli standard, ma se avessero potuto bere l’acqua direttamente dal fiume, per quanto fosse un po’ più corrosiva, non sarebbe stato un problema. Anche la Coca Cola è corrosiva, eppure la beviamo. Il punto è che passava da tubi molto vecchi e faceva sì che si portasse dietro tutte quelle sostanze», sottolinea Francesco Costa.

Fino agli anni ‘70 il fiume era stato usato dagli stabilimenti per scaricare i loro rifiuti; a questo, andavano sommati i fertilizzanti usati dagli agricoltori della zona e, difficile a credersi, l’enorme quantità di sale usato in inverno per evitare che le strade ghiacciassero. Quest’ultimo passaggio sembra paradossale, ma ha una sua logica: come spiega Francesco Costa nel suo podcast «Ho bevuto l’acqua di Flint», le persone si spostano praticamente solo in auto e le temperature della zona scendono fin sotto lo zero per buona parte dell’inverno. Il sale diventa l’unico strumento per evitare che le strade ghiaccino. Tonnellate di sale sparso sulle strade per mesi, tonnellate di cloruro che sciogliendosi va a fine nel fiume.

Fin dall'inizio gli abitanti di Flint cominciano a veder uscire dai loro rubinetti un’acqua maleodorante e marrone. Gli esami tecnici concludono che si tratta di un problema legato alle singole case, non all’intero sistema idrico della città e tocca al proprietario metterci mano. Un altro episodio che avrebbe dovuto mettere in allarme l’amministrazione cittadina avviene in uno degli stabilimenti della General Motor: è l’ottobre del 2014 e i tecnici dell’azienda si accorgono che l’acqua del fiume corrode i motori. La stessa acqua che passa per le tubature della città, tutte in piombo.

La General Motor prende subito provvedimenti, staccando la rete idrica cittadina e riallacciandosi a quella di Detroit. Era un primo campanello d’allarme: se quest’acqua arriva a corrodere i motori prodotti in una fabbrica di auto, cosa sta succedendo all’interno delle tubature della città? Va detto che l’elevata corrosività dell’acqua nei centri cittadini come Flint non è una eccezione, solo che normalmente per ovviare a questo problema vengono usati gli ortofosfati, una sostanza che si trova in diversi minerali e di cui gli Stati Uniti sono i maggiori produttori dopo Cina e Marocco. Annullano l’effetto corrosivo di alcune sostanze chimiche e non sono dannosi per la salute, se usati in quantità limitate.

Le prime reazioni da piombo

Nel mentre, i cittadini cominciano a protestare davanti alle autorità, presentandosi alle riunioni cittadine con in mano bottigliette riempite con l’acqua che esce dai loro rubinetti: «Questa cosa accadde più o meno contemporaneamente in più quartieri e quindi si presentavano alle assemblee con queste bottigliette d’acqua. Le presentarono anche alle autorità, solo che non c’era nemmeno un canale formale a cui presentare una protesta del genere. Quindi spesso, semplicemente, si sentivano dire: «Verificate che non sia un problema delle vostre tubature», spiega Francesco Costa. Raccontano di aver avuto casi di rash cutanei dopo aver fatto la doccia, perdita di capelli, oltre all’odore maleodorante. Le loro rimostranze non vengono ascoltate fin tanto che le autorità non cominciano a ricevere diverse segnalazioni, come racconta Costa: «Ad un certo punto quando queste proteste diventarono tante, fecero analizzare l’acqua del fiume e non trovarono, appunto, particolari problemi. Il problema alla base di questa storia è che effettivamente tutte le sostanze nocive venivano dai tubi delle case».

L’acqua rispettava i limiti legali. Il fatto che in quel momento ci fosse un commissario speciale, mandato solo per rimettere in sesto i conti della città, ha inciso in parte sulla vicenda: «A maggior ragione Flint aveva un commissario in quel momento, quindi non c’era nemmeno un sindaco eletto dalla popolazione che avesse un qualche interesse, se non altro politico o elettorale, a parlare con i suoi elettori, a tenersi in contatto. Se la gente è arrabbiata il sindaco si pone il problema, se non fosse altro per i suoi interessi. Questo era un commissario che era stato mandato per tagliare i costi e quindi non aveva nemmeno questa grande necessità di parlare con le persone. I consensi non gli interessavano e forse anche questo è stato un problema fino ad un certo punto», spiega Costa.

Solo nel gennaio del 2015 viene comunicato alla popolazione un’elevata presenza di TTHM, o trialometano, un composto chimico altamente tossico. Viene consigliato di non usare l’acqua per scopi alimentari e di preferire quella in bottiglia. Peccato che la maggioranza della cittadinanza lo stesse già facendo. Questa prima crisi rientra il 2 settembre dello stesso anno, quando viene notificato il ripristino dei livelli accettati di TTHM.

Lo stesso giorno il professore Marc Edward della Virginia Tech annuncia che dagli studi effettuati si è scoperto che nell’acqua di Flint vi è molto più piombo, proveniente dalle tubature, che in quella della città di Detroit. Assieme al suo studio, ne viene presentato un altro della dottoressa Mona HannaAttisha del Hurley Medical Center: da quando la città ha cambiato fonte idrica, i bambini fino ai cinque anni di età hanno un livello di piombo nel sangue superiore ai 5 microgrammi per decilitro, che significa un aumento di piombo nel sangue dal 2.1% al 4% nel giro di poco più di un anno. Gli ultimi dati disponibili parlano di quasi 12 mila bambini esposti ad alti livelli di piombo, rispetto ai 6mila ad inizio 2014. Nel 2013 erano il 2.5%, nel 2015 erano arrivati al 5%. Un aumento esponenziale in un periodo di tempo estremamente ristretto.

Piombo, legionella e Eschericha coli

Il piombo è una sostanza altamente dannosa per il corpo umano che può comportare effetti anche a lungo termine. I primi sintomi sono irritazioni cutanee, testimoniate da alcuni cittadini fin dai primi giorni; perdita dei capelli; infertilità. Gli effetti peggiori sono quelli sul lungo periodo e colpiscono il sistema nervoso centrale: in particolare nei bambini, può portare a problemi di apprendimento, comportamenti anti sociali, difficoltà d’apprendimento e del linguaggio, aggressività. Si può solo immaginare cosa comporterà in termini economici e sociali questa lunga esposizione negli anni a venire.

Protagonista non è solo il piombo: nello stesso periodo aumentano esponenzialmente i casi di legionella. Da giugno del 2014 a novembre del 2015 vengono registrati 87 casi di legionella, di cui 12 mortali. Esistono più di 50 specie di questo batterio, ma il più comune è quello della Legionella pneumophila. Si trova in ogni bacino idrico naturale, ma il punto critico è nelle tubature, soprattutto se molto vecchie e con elevati depositi di calcare o altre sostanze. L’acqua, corrodendo le tubature, intaccava anche le incrostazioni e di conseguenza veniva contaminata. Nella maggioranza dei casi non porta alla morte ed ha sintomi molto simili all’influenza (viene chiamata anche Febbre di Pontiac).

Nei casi più gravi, oltre a colpire i polmoni può portare a complicazioni nell’apparato cardiocircolatorio, gastrointestinale oppure problemi neurologici. Quattro mesi dopo il cambio di approvvigionamento vengono segnalati persino casi di Escherichia coli: la stessa amministrazione dichiara che «il coliform (il gruppo batterico di cui fa parte l’escherichia coli) è un segno che potrebbe esserci un problema con il sistema di distribuzione dell’acqua».

Il 10 settembre 2015, dopo più di un anno da questi episodi, nuovi studi dimostrano che il 10% delle case di Flint abbiano avuto un aumento di piombo dopo il nuovo allacciamento idrico. A dispetto delle rassicurazioni sull’ottima qualità dell’acqua di Flint, tutti questi studi dimostrano come i primi risultati effettuati sull’acqua non riguardassero solo poche abitazioni, ma il sistema idrico dell’intera città. Dall’aprile del 2014 i cittadini, vedendo che nessuno ascoltava le loro proteste, avevano cominciato ad usare l’acqua acquistata nei supermercati, arrivando perfino a smettere di pagare le bollette.

Con l’incalzare delle denunce da parte di centri di ricerca e Ong, nell’ottobre del 2015 il governatore del Michigan, Rick Snyder, firma un assegno di 9.35 milioni di dollari per ricollegare la città a Detroit. Vi era già stato un primo tentativo nel marzo dello stesso anno, ma il commissario speciale Jerry Ambrose aveva respinto il voto, considerandolo economicamente troppo oneroso.

Quali saranno le conseguenze?

Dopo quasi due anni e milioni di dollari spesi per trovare una soluzione ad una crisi idrica senza precedenti, la situazione sta piano piano migliorando, ma è difficile quantificare quanto tempo e quanti soldi serviranno ancora per poter tornare alla normalità. «C’è stata una grossa sottovalutazione, dovuta anche al fatto che queste cose avvenivano soprattutto nei quartieri più poveri, quelli con le infrastrutture più fatiscenti. C’era anche una questione razziale, nel senso che sono persone che abitualmente non sono nemmeno tanto abituate ad avere contatti con l’amministrazione cittadina, non son abituate ad essere ascoltate dall’amministrazione, che a sua volta non ha un grande dialogo con queste persone». L’unica soluzione al problema è quella di sostituire tutte le tubature della città, una spesa che si aggira intorno al miliardo e mezzo di dollari.

Benché si siano riallacciati a Detroit l’acqua continua a passare per delle tubature danneggiate. «Sì, questo è la cosa che rende il problema costosissimo da risolvere. L’acqua che passa da quelle tubature non è più corrosiva come l’acqua del fiume di Flint. Il danno si è ridotto nel senso che l’acqua dai rubinetti non esce più marrone, per esempio; oppure basta installare dei depuratori per bere dell’acqua potabile, ma comunque l’acqua non è quella di prima perché le tubature sono state danneggiate in modo irreparabile dal passaggio dell’acqua corrosiva». A questo vanno aggiunti i risarcimenti alle persone colpite, ma più di tutto i fondi da stanziare per programmi volti a mitigare gli effetti del piombo sui bambini. Il clima che si è venuto a creare in città è di totale diffidenza, testimoniato dai cartelli esposti negli esercizi pubblici che riportano la scritta «acqua pulita».

A che punto siamo?

Questa diffidenza riguardò però l’uso domestico dell’acqua. Il fiume in sé è comunque stato oggetto di bonifiche ancora prima che si scatenasse questa crisi idrica, come spiega Costa: «Tutti lì dicevano che il fiume, anche rispetto al passato, ha un’acqua molto più pulita. Hanno cominciato un lavoro di pulizia di queste acque non da adesso, ma da molto prima. Il fatto che a Flint abbiano chiuso parecchi stabilimenti dell’industria dell’auto negli ultimi decenni ha avuto molte conseguenze negative, ma la conseguenza positiva è che l’acqua era relativamente più pulita. Effettivamente, se vai lì ci sono le persone che fanno canottaggio, quindi l’acqua è relativamente pulita.

Per questo lo avevano detto: utilizziamola al posto dell’acqua del lago, quella da cui si rifornisce Detroit. Il punto è che una cosa è pulita da poterci nuotare, una cosa è pulita da poterla portare nelle case». Dodici persone sono state formalmente iscritte nel registro degli indagati, ma la lista si allunga giorno dopo giorno: funzionari governativi, impiegati statali, responsabili del DEQ (Department of Environmental Quality) e del Michigan Department of Health and Human Services, e i due commissari speciali che ricoprirono questa carica durante la crisi idrica, Darnell Earley and Gerald Ambrose.


Carlotta Pervilli
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Laureata in Storia, ma appassionata di giornalismo. Disorientata tra conflitti mondiali e ambiente, resta certa solo di una cosa: l’essere curiosa.
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